Perdita e lutto: trasformare il dolore in una rinascita

Psicologo-Psicoterapeuta-Taranto-Scilla-Battiato

Quando viviamo una perdita sembra che il tempo si fermi, ci si sente sospesi in una dimensione confusa, disorientante, senza spazio.

In una recondita parte del nostro essere si affaccia un dolore così acuto, profondo, intenso che si sente il bisogno di renderlo alieno. Un dolore troppo lancinante da poter essere respirato, così lo ricacciamo in quell’angolo in cui è nato, e la nostra mente, in una grande manovra difensiva, si allontana così velocemente da riportarti nella realtà, spogliandola dell’accaduto. Pensi che non è successo davvero, che è solo un incubo da cui ti risveglierai, che nulla è vero di ciò che hai visto, sentito e provato.

Il dolore del lutto, originato nel distacco dalla persona cui siamo legati, porta con sé l’idea di una non riparabilità, una inevitabilità così tragica per chi la vive da dover desiderare che non sia avvenuta, quindi da doverla rifiutare.

In un primo momento dopo la perdita, la nostra mente lavora negando che questa sia mai avvenuta e il nostro corpo riduce la sua energia vitale per permettere un “non sentire” quelle emozioni che ci riporterebbero all’accaduto.

Si verifica una sorta di chiusura protettiva fisica e psico/emozionale, che spesso si accompagna ad un isolamento e allontanamento dalla rete famigliare e di supporto.

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Ci si sente sopraffatti, confusi e disorientati, ma è fondamentale concedersi il tempo e lo spazio di provare tutto ciò che si sente! Ignorare il dolore non lo farà scomparire, fuggire nel quotidiano, impegnandosi nelle attività da svolgere non è utile, perché non puoi fuggire da qualcosa che ti porti dentro e che, inevitabilmente, tornerà a farsi sentire.
Lasciando che il proprio dolore e il proprio vissuto accada, respirando anche fisicamente le proprie emozioni, possono manifestarsi shock, rabbia, senso di colpa per i non detti e non fatti, senso di vuoto, una tristezza infinita, paure, ansie e preoccupazioni sulla propria capacità di farcela ad andare avanti!

Può così succedere che ci si ritrovi a ricercare la persona perduta, fisicamente negli oggetti che ce la ricordano nella speranza di sentirne ancora la vicinanza, oppure psicologicamente, rimuginando gli eventi che hanno preceduto o comportato il distacco.

Man man che si fa strada dentro di noi la consapevolezza dell’inevitabilità del distacco, sopraggiunge la rabbia per l’ingiustizia subita, si cerca qualcuno su cui dirigere la propria furia, i medici, Dio, persino con la persona che ci ha abbandonato, oppure con se stessi, magari perché ci si avverte impotenti di fronte a quanto accade. Insicuri di potercela fare a causa della perdita, si avverte una stato di profonda disorganizzazione, tristezza e sofferenza. Consapevoli che quanto accaduto non può essere cambiato, ci apriamo finalmente all’accettazione che, inevitabilmente, comporterà una riorganizzazione del proprio senso di sé sul piano psicologico, affettivo e comportamentale.

Gradualmente il dolore e la tristezza diminuiscono, apre così la strada alla tenerezza e al ricordo.

Il lutto è un processo lungo e impegnativo, non sempre lineare, si tratta di lasciare cicatrizzare una ferita, concedendosi il giusto tempo. Ma può accadere che questo processo venga complicato, che ci si senta bloccati nella negazione, o arenati nel senso di rabbia, comunque congelati in un senso di perdita ancora aperto, in cui la fase dell’accettazione è ostacolata. Può accadere che la gravità del lutto sia tale da compromettere la naturale evoluzione verso la realizzazione individuale, oppure che non ci siano altri significativi con cui condividere i propri vissuti o che ci sia un ambiente sociale che porti con sé aspettative interpersonali e sociali su quelli che dovrebbero essere i comportamenti e le reazioni normali da avere in questi casi, come gli incitamenti a riprendere velocemente le proprie attività quotidiane, non lasciarsi andare a pianti disperati e riprendere la normalità.

Quando si avverte che il dolore non diminuisce, ma anzi sembra peggiorare, ci si sente congelati in una condizione di malessere profondo, allora, se non si è scelto di farsi aiutare prima, è il momento di richiedere il sostegno e l’aiuto di uno psicologo.

Facendo esperienza di una persona che “sente” tutto il dolore che si prova, è possibile vivere la propria sofferenza come più tollerabile, così da poter affrontare tutti i vissuti di negazione, rabbia, disorientamento, tristezza e dolore che si accompagnano al lutto. L’aiuto di uno psicologo è prezioso nel processo di accettazione e riappacificazione con l’accaduto, di riorganizzazione del senso di sé e della realtà senza la persona perduta, nei confronti della quale, nel suo ricordo, ora ci si concederà di provare senza disperazione, una tenera nostalgia.

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Autore: Scilla Battiato

Psicologa e psicoterapeuta specializzata in bioenergetica. Laureata in Psicologia ad Indirizzo Clinico e di Comunità nel 2005 presso l’Università di Urbino “Carlo Bò”, con il massimo dei voti. Specializzata con lode in Psicoterapia Umanistica ad indirizzo Bioenergetico nel 2013 presso l’Istituto di Psicoterapia “Psicoumanitas” di Roma. Iscritta all’Albo degli Psicologi della Regione Puglia dal 2008.

“Le mie emozioni sono come le vostre, i vostri pensieri sono come i miei, forse – se non lo avete già compiuto! – quello che ci distingue è l’aver fatto il viaggio, quello alla scoperta di sé!”