Fine anno: il tempo dei bilanci
Ormai mancano pochi giorni alla fine dell’anno, ed è questo il periodo in cui spesso ci impegniamo nel tirare le somme di quanto ci è accaduto o di che cosa abbiamo combinato in dodici lunghi mesi.
Festeggiare la fine di un anno e l’inizio di uno nuovo ci dà il senso del tempo che passa, ci fa scivolare in una sorta di verifica di noi stessi e della nostra vita! Qualche giorno fa, sono stata invitata da Facebook a rivedere il mio 2018 in breve, come se avessi bisogno che una foto o un post su una bacheca virtuale mi ricordasse un mio vissuto!
A pensarci bene, ho capito che proprio questo è il meccanismo che innesca l’operazione di bilancio, un meccanismo che potrebbe essere positivo, innescando un ulteriore cambiamento, se non lasciassimo che ad operare in noi fosse il nostro “Sé mnemonico” (Kahneman), ossia quella parte di noi che basandosi sul ricordo, piuttosto che su un vissuto esperienziale diretto, commette una serie di errori grossolani!
Nella costruzione di un ricordo si sceglie di un’esperienza il momento di picco o la fine, quindi se dovessimo ricordare una relazione che è andata bene per 10 anni, ma è finita male o ha avuto un momento di forte crisi, il nostro bilancio tenderà ad essere negativo, mentre di un lavoro, in cui non c’è stata infamia o lode, ma che si è concluso bene, ne avremo un ricordo positivo.
Quello che si perde è il senso della durata dell’esperienza e quindi i suoi vissuti, fatta eccezione per quelli che ne formano il ricordo. La conseguenza più pericolosa di tutto questo è che la nostra memoria stabilisce ciò che deve essere riprovato e ciò che invece deve essere escluso, come se tutto quello che non viene ricordato non fosse degno di essere vissuto.
Questo, credo, potrebbe essere anche alla base della nostra ossessione di fotografare un evento, escludendoci però dalla possibilità di farne una diretta esperienza! La necessità di scattare una foto o fare un video, di fermare un istante per ricordarci che si tratta di una bella esperienza ci impedisce di vivere tutte le sfumature emozionali, che non ritorneranno nella visione del materiale fotografico, perché questo sarà solo la riproduzione di un istante filtrato dalla macchina! La mia non è una crociata contro le fotografie, ma forse un invito a rivedere il loro essere indispensabili per cogliere il piacere di un’esperienza.
Già, ma quando un’esperienza è piacevole? In noi sembra esserci una predisposizione a sentirci insoddisfatti, come se il negativo prevalesse sempre sul positivo, il “potrebbe andare male” è affrontato sempre prima del “ci guadagnerei tanto”, è come se si verificasse un tentativo di vivere il negativo e provare a salvarci prima di tentare l’approccio al piacere! Spesso si usa la frase “Mai una gioia”, espressione cristallina di questa tendenza all’essere insoddisfatti, rispetto a come dovrebbero andare le cose e, di conseguenza, rispetto a come dovremmo essere in grado di agire e reagire noi, quindi siamo insoddisfatti di eventi ed oggetti esterni e di noi stessi in riferimento a un’ideale!
Nella costruzione di un’immagine personale tendiamo a seguire un principio di coerenza per cui, nel ricordo di quanto vissuto, spogliato delle nostre emozioni e giudizi contingenti, tendiamo a farci l’idea che non siamo mai cambiati e che, molto probabilmente, non cambieremo mai. Questo significa essere sulla cima di un dirupo, precipitando dal quale, passeremmo dall’insoddisfazione, alla tristezza fino alla disperazione più profonda.
La baseline oltre la quale si precipita è il confronto con oggetti esterni o ideali interni, se confronto il mio stipendio da insegante con quello di un top manager o le mie capacità fisiche da quarantenne con quelle di un diciottenne mi lancio spontaneamente dal dirupo! Insomma, quando abbiamo l’impressione che per essere felici ci manchi qualcosa, inevitabilmente faremo bilanci che arrecano insoddisfazione, tristezza o disperazione. Sarà importante cominciare a ridimensionare la nostra aspettative di essere felici sulla base di un oggetto esterno, come l’avere una macchina, un lavoro o un partner, ed anche sul raggiungimento e mantenimento dell’ideale di noi stessi! Cominciare ad accettare e vivere la paura di non essere come “dovremmo”, ci apre la strada verso un reale cambiamento rispetto a noi stessi; riuscire ad accettarsi per ciò che si è il primo passo verso la reale individuazione di ciò che ci rende davvero felici e la possibilità di muoverci verso il piacere.
Quest’ultimo è dato dalla nostra capacità di protenderci in modo auto-assertivo, il muoverci esprimendo chiaramente i nostri pensieri e sentimenti, questo implica non aspettarsi che le gioie piovano dal cielo! È necessario imparare ad assumersi la responsabilità della propria esistenza, sedersi ad aspettare che le cose accadano o che qualcuno te le serva significa lasciare che la tua vita scorra senza esserne protagonista, significa rinunciare al piacere, quello che realmente ti dona quel sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo, che chiamiamo gioia! “Mai una gioia” se scegli di non aggredire la vita, di non muoverti verso ciò che senti sia la tua felicità.
Qualcuno mi chiede spesso come si fa ad essere felici? La risposta non è in un manuale, la risposta è dentro di noi, una volta “sentita” bisognerebbe trovare il coraggio di seguirla, e il coraggio si trova nella conoscenza di sé, nella scelta di seguire il cuore, chiedendo alla testa quale sia il modo migliore per farlo. E poi, a volte, bisogna proprio appoggiare i piedi per terra, chiudere gli occhi e lasciarsi andare!
Il bilancio di fine anno, a mio parere, ha utilità solo se ti poni alcune domande:
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Sicuramente questi mesi mi hanno cambiato, perché nella vita tutto scorre e questo implica che ci sia trasformazione. In che modo sono cambiato, nei miei pensieri, sentimenti ed emozioni?
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Il mio cambiamento da che cosa è stato originato e mi ha reso felice?
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Come posso in futuro essere felice o continuare ad esserlo?
Se guardiamo al ricordo di ciò che è avvenuto in un anno, accade che ci concentriamo maggiormente sul negativo, su esperienze che dovremmo evitare, ammesso di averne la capacità di farlo, ma il più delle volte questo ci porta ai confronti con altri o con l’ideale di noi stessi. Insomma, prepariamoci a secchiate di insoddisfazioni!
Proviamo invece a concentrarci sul positivo, su ciò che ci rende felice, seppur per poco, riviviamo le nostre esperienze, i nostri pensieri, emozioni e sentimenti così da comprendere davvero chi siamo e che cosa può farci provare piacere e come protenderci per soddisfarlo!
Come esorta L. Tolstoj, “se vuoi essere felice, comincia ad esserlo”, che poi sia all’inizio del nuovo anno, questo è solo un fatto da inserire nel prossimo bilancio!!!
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Autore: Scilla Battiato
La Dott.ssa Scilla Battiato è uno Psicologo e Psicoterapeuta specializzato in Analisi Bioenergetica. Laureata in Psicologia ad Indirizzo Clinico e di Comunità presso l’Università di Urbino “Carlo Bò”, con il massimo dei voti. Specializzata in Psicoterapia Umanistica ad indirizzo Bioenergetico presso l’Istituto di Psicoterapia “Psicoumanitas” di Roma, con lode. Iscritta all’Albo degli Psicologi della Regione Puglia al Nr. 2486.
“Le mie emozioni sono come le vostre, i vostri pensieri sono come i miei, forse – se non lo avete già compiuto! – quello che ci distingue è l’aver fatto il viaggio, quello alla scoperta di sé!”
Scilla Battiato, psicologo e psicoterapeuta specializzata in bioenergetica. Laureata in Psicologia ad Indirizzo Clinico e di Comunità con il massimo dei voti e specializzata in Psicoterapia Umanistica ad indirizzo Bioenergetico, con lode. Iscritta all’Albo degli Psicologi delle Regione Puglia al Nr. 2486. Riceve per appuntamento presso il Centro Studi di Psicoterapia e Psicologia a Pulsano, a pochi minuti da Taranto.